Giovanna Nastasi, L’innesto, Edizioni Novecento 2023

Giovanna Nastasi, L’innesto, Edizioni Novecento 2023

L’essere può ribellarsi al dolore chiudendolo a chiave in una teca di cristallo e osservandolo contorcersi a distanza. Nel nuovo spazio vuoto che gli si è creato intorno, ciò che ora colpisce è la grande voce del silenzio, una calma che infine deflagra in urlo.
Questo il prologo silenzioso che sembra precedere le poesie di questo libro e che Giovanna Nastasi affida ai celebri versi di Sandro Penna: “Il mare é tutto azzurro. / Il mare é tutto calmo. / Nel cuore é quasi un urlo / Di gioia. E tutto é calmo.”
Ecco allora “Il giardino”, l’hortus conclusus in cui la dama, circondata dalla bellezza dei fiori, tesse le trame della sua gioia. É un’intuizione che innerva l’essere a parte: l’aver compreso “l’unico vero / della mia precisa esistenza: / esserci / esattamente come Io sono / per i mille colori / per le mille ombre / per infinita luce”, pag. 9.
E’ importante comprendere questa premessa, e cioé che la ragione fondativa del mondo non é il progetto antropologico della perdita e dello smarrimento ma uno stato virgineo immutato. Perduto, certamente, ma immutato; presente in qualche luogo, in qualche modo.
Già da subito Giovanna Nastasi corteggia l’idea di un’eternità intesa come momento millesimale di una conflagrazione luminosa. Si rileggano i celebri versi di Ribaud:

È ritrovata.
Che cosa? L’eternità.
È il mare mischiato
col sole.

Poiché soltanto da voi,
o braci di raso,
il dovere si esala
senza che si dica: finalmente.

E così Giovanna Nastasi: “Mi ha colta di sorpresa / – sebbene l’aspettassi – / in un giorno riappacificato / di settembre…
pag. 10

E ancora:

É impercettibilmente lieve
ciò che fa bene:
un’onda
un brivido
un soffio…
Abitare del silenzio
e del piacere
i confini.

pag.32

Si tratta, insomma, di uno stato esperito senza “scienza e pazienza”, quasi una parusia del divino in cui le porte del tempo si spalancano improvvisamente mostrandoci la maschera delle percezioni sensoriali e solo allora, dunque, possiamo veramente essere.
L’aspetto sensuale che ne consegue rappresenta la possibilità di una nuova conoscenza edulcorata dal potere della maschera, uno stilnovismo ringiovanito nelle sue promesse piú profonde dove la donna é Anima e il signore il Tu che sfiora, da accogliere. Il desiderato da attendere, che sempre ritorna.
Questa poesia al femminile, non nel senso di un riscatto, di una politica dell’essere, ma dell’orgoglio dell’archetipo, dell’essere “la sorella gemella / di una maternità astrale”, sa che l’assenza e l’attesa costituiscono la condizione della parola poetica, mai pienamente in pienezza ma sempre in bilico, tra tempo e non tempo. Se la pienezza é tale solo quando abbiamo rotto tutti gli orologi perché l’amato ci contiene, il tempo irrompe nel compito di mostrare il corpo della donna che nasce con dolore:

Nasce una donna
partorendo se stessa.
Sono spasmi,
doglie,
grida,
trattenuto dolore
e intime gioie.
É una contrazione
nel cuore della notte
per un’illusione perduta
l’ennesima cena preparata
e coltelli insaponati…

pag.24

Il corpo della donna, che é eterno, subisce l’affronto del tempo e si riscatta solo nella breve ricongiunzione con l’amato, con l’altro da sé. A volte sogna libertà e bellezza, lo stato di una sirena perfettamente integrata col suo liquido e lo sfondo di una natura virginea e incontaminata. Altre volte desidera scomporsi, farsi eucarestia. Altre volte si fa tempio, Afrodite. Donna antica che attraversa ogni tempo. Casa abitata.

Mi abiti
come un’antica dimora

pag. 57

La poetessa dichiara nella nota finale come questi versi siamo “la viva testimonianza dell’amore per la vita…un testo giocondo che vuole celebrare la gioia e la consapevolezza dell’esserci nel momento presente”. Poesia alessandrina, dunque, se non fosse che questo innesto é il frutto di un lavoro, di una consapevolezza lungamente attesa.

Metti vita nei giorni difficili.
Rinasci
persevera
accogli.
La spiga giovane
fa presto a dondolare al vento
la matura lo abbraccia
e grano porta dalla sua arsura.

pag. 71

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