Oggi, al mercatino di Nizza Monferrato, fra tanti libri inutili, ho trovato questa copia di un vecchio libro di poesie di Giorgio Bassani, “L’ALBA AI VETRI”.
Si trova in pessimo stato di conservazione: muffa, macchie d’inchiostro, vecchia umidità… ma l’ho comprato lo stesso.
Ecco una poesia che deperisce e che mi ricorda il finale di “Compitu re vivi”, quella dedicata alle foglie:
E siete qui, sorelle foglie
case dai tetti affacciati come braccia
implorate il perdono che i fratelli vi devono
aprite questo sguardo ai campi arati, in pendio
tra le pieghe delle nostre sere!
E tuccàti, pi favùri tuccàti ‘sti me palòri
e rusicàtili, spalancàtili o nenti.
Inauguro così la rubrica “Impermanenza”, dedicata ai testi che ci dicono del nostro deperire, del breve tempo a cui sono destinate tutte le parole, tutta la poesia.
*
Commiato
Scordami qui, disteso coi più vecchi, assopito
nel campo tutto arreso a uno sguardo infinito.
(Giorgio Bassani, L’alba ai vetri, poesie 1942-’50, Einaudi 1963)
Hai dunque salvato un libro compromesso dall’incuria e consumato dagli elementi. Ti ringraziamo, soprattutto perché nelle tue mani la poesia di Bassani rivive.
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Il pendio dei tuoi campi arati è sorprendentemente speculare al “campo tutto arreso” di Bassani. Stessa attesa d’infinito, stesso desiderio di lasciare che le parole diventino pane da afferrare, addentare e diffondere. grazie, Sebastiano
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